Giudice al Bravio delle botti

DSCF5340.JPGDel Bravio delle botti ricorderò i colori, i toni, i rumori, i suoni. Eppure quello che non ho ora presente, quello che non mi è restato in testa, anzi, non ho proprio registrato, stranamente, è il rumore delle botti sul selciato. Forse perché ero troppo intento a seguire la gara, concentrato sulla coppia di spingitori, e non solo, che mi era stata assegnata.
Il Bravio delle botti è una particolare corsa che si svolge a Montepulciano; otto coppie spingono otto botti rappresentanti le contrade della cittadina, dalla colonna del Marzocco fino al sagrato del Duomo in Piazza Grande.
Essendo una gara (Di 1700 metri circa), naturalmente vince chi arriva primo, ed esposta così è semplice, ma dentro quei 1700 metri c’è un intero mondo, una mitragliata di emozioni in una giornata intensa, difficile da riordinare per chi, come me, la vedeva per la prima volta, e tra l’altro la viveva abbastanza da dentro, in quanto “Giudice di botte”.

Il Giudice di botte è un ruolo importante, è quello che corre a fianco (A volte poco avanti o poco indietro) al fusto che gli è stato assegnato, deve verificare eventuali scorrettezze, che eventualmente riferirà poi, nella sala del Comune al “Magistrato delle botti” e alle altre autorità presenti. Grida “Strada” chiedendo spazio nel caso la botte davanti sia più lenta della tua, o la tua sia più lenta di quella dietro, e anche, al numerosissimo pubblico che può sporgersi sul percorso, più o meno gridi “Strada”  a tutto quello quello che ti si muove davanti e già hai fatto un buon lavoro, ma, ovviamente, non è tutto qua.
Io sono andato grazie a degli amici che avevano già partecipato, della squadra di 10 giudici siamo in quattro che vanno per la prima volta, e nei giorni precedenti iniziamo a farci un’idea di quello che può essere, sia dai racconti degli altri, sia da quelli del nostro accompagnatore, il grande Marco, che essendo del luogo, ha l’evento dentro e riesce a coinvolgerci tutti, e ricoinvolgere con stimoli nuovi anche quelli più esperti.
Nei suoi racconti  c’è tutta una mitologia di nomi, annate, sorpassi leggendari, esaltanti vittorie e brucianti sconfitte, ferite ancora aperte e botti contro i muri sbilenchi del centro.
Appena arriviamo la domenica giriamo per Montepulciano, facciamo in tempo ad assistere al rito della marchiatura a fuoco delle botti, poi alla benedizione del Vescovo, o almeno intuisco, perchè sento poco, e quelli dietro di me, son pur sempre toscani, e quindi commentano a modo loro la parte religiosa, per forza ti strappano un sorriso.
Si va a pranzo in una Contrada e tra vino, pici e ottima carne allentiamo la tensione. Qui mi viene comunicato che seguirò gli spingitori di Gracciano, casacche neroverdi e un bel leone come simbolo sulla bandiera, proprio la Contrada che mi auguravo.
Sono molto giovani mi dicono, in due fanno circa la mia età, non sono tra i favoriti, ma vengono considerati degli outsiders, qua può accadere di tutto, non si sa mai, sognare non costa niente, e potranno così correre senza eccessive pressioni.
La pressione per noi, o per lo meno per me, inizia a salire mano a mano che le vie si riempiono, iniziano anche i cortei storici e si comincia a sentire i primi tamburi, uno dei rumori che resterà.
Sarà per la sua ritmica proveniente da antichi riti sconosciuti ma stratificati dentro la nostra storia, o per la sua solennità nel richiamare l’attenzione, non so, ma pare il vero inizio di qualcosa, prima era come essere in sala d’attesa.
Verso le 17, l’ora dei toreri, dopo aver camminato in gran parte del percorso, per capire punti critici, restringimenti, salite e le poche discese, entriamo in una Piazza Grande già colma, siamo tra i pochi che possono stare nella zona transennata davanti al comune, dove all’interno di esso, tra poco ci cambieremo. Un altro piccolo briefing, e arriva l’ora di entrare.
Marco e il responsabile di gara ci ripetono le nostre consegne, da lì a poco ci mettono casacche e gara in mano. Siamo gli unici che avrebbero il potere di mettere le mani sulle botti in caso di intervento estremo, e sento dai nostri silenzi, che tutti scongiurano possa accadere.
Siamo nella linea d’ombra, quel punto di rottura che ho avvertito nelle rare partite importanti che ho giocato, una forza di gravità che per un attimo ti tira dentro lo spogliatoio, ma dura poco, arriva subito quel senso di squadra che ti da forza e scaccia tutte le paure.
Indossiamo le nostre casacche rosse, con un drago sul petto, calzoncini, anch’essi rossi, e si esce sul corridoio, dalla porta del comune si intravede una piccola fetta di piazza, ma il brusio e l’aria gonfia d’attesa sono grandi. Un saluto con i figuranti che entrano, sconosciuti, ma come noi parte della stessa cosa, e poi è Piazza. Siamo sempre nel tratto riservato, si avvertono bene gli sguardi e le foto della folla.
Ci incamminiamo col corteo verso la partenza, alla colonna (Ma è storta?) del Marzocco, dove alla base sono incastonate sul selciato le otto griglie di partenza, quattro davanti e quattro dietro assegnate a sorteggio, uno sguardo per capire chi saranno i nostri uomini, e poi risaliremo per circa 150 metri, dove li aspetteremo e ci infileremo con loro in questa specie di corrida tra botti.
Intanto ci scaldiamo in un giardinetto insieme agli spingitori, non so quante volte percorriamo il piccolo anello, ma ricorderò a lungo il rumore dei nostri passi su quel brecciolino, la gola secca, scherzando sulla gara per mitigare un po’ l’agitazione.
Lasciamo quindi il giardino fuori le mura per dirigerci alla nostra postazione, risalendo il tratto tra il via e il punto dove anche noi finalmente entreremo nel Bravio. Gusto l’aria più densa, le persone alla finestra, le telecamere pronte. L’arco è teso, manca veramente poco.
Dalla nostra partenza non vediamo quella vera, una semicurva ce la nasconde. Piano piano quasi silenzio nonostante la gente assiepata sulle scale della chiesa di fronte e un po’ ovunque, alle finestre, sulle soglie. Un trattenere un respiro collettivo, attimi saturi ed acuti, una città intera ha lavorato un anno per questo momento, 16 spingitori (E tante altre persone), si sono spaccate gambe, braccia, polmoni e schiena per essere al meglio oggi. E ora eccoci, per circa 8 minuti un intero paese sarà senza ieri e senza domani, concentrato in un presente assoluto.
Lo sparo del via scuote tutti, partono le botti e cominciano le grida, la mia passa tra le prime quattro ed entro in gioco. Corro a fianco per gran parte della salita, nonostante tutto c’è spazio. Strada! Strada! E i “miei” due ragazzi si portano agevolmente terzi.
A freddo ricordo mille voci nelle orecchie, anche qualche parola definita, ma non i rotolio delle botti.
Si va avanti relativamente tranquilli fino al tratto in pianura, qui si prende velocità e la strada si stringe, in questo punto mi sento come alla corsa dei tori a Pamplona pur non essendoci mai stato, si assottigliano i sensi, il tempo sembra dilatarsi per l’energia dell’attimo nonostante la velocità.
Qua ci vogliono ancor di più occhi davanti, dietro e ai lati. Gridare strada è inutile, due botti appaiate non passerebbero.
Finito il tratto Pamplona la strada si riapre un po, una bella discesa, un tratto piano e i “miei” qua perdono un po’ il controllo della botte, toccano un muro e sono sorpassati, non mollano però, e all’ingresso della porta in salita tengono duro, oramai le posizioni sono abbastanza definite, rintuzzano un ulteriore attacco e si va tutti verso la piazza stracolma.
L’intensità delle grida è sempre più forte, c’è già un vincitore ma tutte le botti vengono lo stesso spinte dal tifo.

 

Anche la mia va a sinistra sul sagrato del Duomo, a prendersi un bel quarto posto, e io mi fermo a destra a pochi metri, sciolgo definitivamente la tensione salutando gli altri amici giudici, quelli già arrivati e quelli che arrivano dopo.
Ora c’è rimasto da riferire al magistrato delle botti se abbiamo riscontrato qualcosa di strano.
Lo faremo nella sala del comune, con sindaco ed altre autorità, ma sarà una formalità dato che per fortuna non è successo niente, e dopo la nostra deposizione verrà comunicata alla piazza l’ufficialità del risultato.
Ora possiamo rilassarci, lavarci via sudore e pressione, per goderci la meritata cena in una delle contrade che ci ospitano, concludendo così al meglio un’altra opportunità che la corsa mi/ci ha riservato: 10 podisti di diverse società, ma amici, e per una volta uniti anche dalla stessa casacca.
Tornerò sicuramente, e spero di farlo ancora da Giudice, e, comunque sia, come torno torno, farò di tutto per ascoltare la botte che rotola.
Giudice al Bravio delle botti

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